Linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in eta’ evolutiva
INTRODUZIONE
La patologia cariosa è una malattia infettiva a carattere cronico-degenerativo, trasmissibile,ad eziologia multifattoriale, che interessa i tessuti duri dentali e che porta alla distruzione degli stessi (Featherstone, 2003).
Rappresenta ancora oggi una delle patologie più diffuse nella popolazione generale (Tinanoffet al, 2002; Marthaler, 2004; Whelton, 2004; Hugoson et al., 2005; Nunn, 2006; Selwitz etal., 2007) e in età pediatrica (Campus et al., 2004; Senna et al., 2005; Cleaton-Jones et al.,2006; Campus et al, 2004; 2007). Negli ultimi decenni i paesi industrializzati hanno registrato una riduzione della prevalenza della patologia, anche se recenti indagini epidemiologiche a carattere nazionale hanno evidenziato che il problema carie è ancora pressante nei bambini italiani: è emersa, infatti, una prevalenza di circa il 22% di patologia a 4 anni e di circa il 44% a 12 anni (Strohmenger et al., 2006; Campus et al., 2007). In Italia, la quasi totale assenza sul territorio di Servizi Odontoiatrici di Comunità rende ancora più difficile l’attuazione di programmi di prevenzione puntuali ed efficaci. Secondo il diagramma proposto da Keyes nel 1962, ancora oggi ritenuto valido, sono necessari tre fattori di rischio fondamentali perché si realizzi la carie:
- flora batterica cariogena
- dieta ricca di carboidrati fermentabili
- ridotte difese dell’ospite
Per fattore di rischio si intende “un fattore biologico, ambientale e comportamentale che nel tempo aumenta la probabilità del manifestarsi di una patologia; se rimosso o assente, ne riduce la probabilità. Esso è parte della catena causale oppure espone l’ospite alla catena causale. Al conclamarsi della patologia, la sua rimozione non necessariamente la riduce”.
Batteri
Nel cavo orale sono presenti centinaia di specie microbiche per lo più commensali. Almeno 20 specie batteriche hanno la capacità di produrre acidi deboli (specie cariogene); il batterio più importante nell’eziopatogenesi della carie è Streptococcus mutans (SM), anche se nelle lesioni cariose si possono rinvenire altri germi cariogeni, tra cui altri streptococchi (S. oralis, sanguis, mitis), lattobacilli e actinomiceti. Le proprietà principali di questi microrganismi sono: adesività, fermentazione di alcuni carboidrati assunti con la dieta (soprattutto saccarosio, glucosio, fruttosio e lattosio), sintesi di polisaccaridi intra ed extracellulari e crescita in ambiente acido (Thenisch et al., 2006; Law et al., 2007). In particolare, si ribadisce che il batterio cariogeno più rilevante è Streptococcus mutans, la cui presenza nel cavo orale della madre, in qualità e quantità, condiziona il rischio di carie del bambino. Le gravide che presentano un’alta concentrazione di Streptococcus mutans sono quelle che trasmettono il maggior rischio al nascituro. E’ noto da tempo che il cavo orale dei bambini alla nascita è sterile, e che successivamente acquisisce dall’ambiente il suo pattern di microrganismi che lentamente dà luogo allo sviluppo e alla maturazione del sistema orale.
E’ stato dimostrato in base allo studio della mappa genetica e della produzione di peculiari batteriocine da parte di Streptococcus mutans, che i ceppi batterici rinvenuti nella saliva dei bambini sono gli stessi rinvenuti nella saliva delle loro madri. Si è concluso, allora, che la principale fonte di infezione per SM nei bambini è la saliva materna. Esiste, quindi, una correlazione tra le condizioni di igiene e di salute orale nelle madri e lo sviluppo di carie dentali nei figli, ed è anche dimostrato che è possibile controllare e prevenire tale trasmissione da madre a figlio riducendo la concentrazione salivare materna di Streptococcus mutans mediante la somministrazione combinata di fluoro e clorexidina (Brambilla et al, 1998).
Carboidrati
La fermentazione dei carboidrati da parte dei batteri cariogeni comporta la formazione di metaboliti acidi responsabili in prima istanza della demineralizzazione della componente inorganica dello smalto (inizialmente reversibile) e della dentina; la produzione Linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva 8 di enzimi proteolitici (es. aminopeptidasi) è poi responsabile della disgregazione della componente organica dei tessuti sopra citati. Le specie cariogene, avendo come habitat le superfici dure dentarie, possono colonizzare stabilmente il cavo orale del bambino solo dopo l’eruzione dei primi denti decidui. E’ stato ampiamente dimostrato che tanto più massiva e precoce è la colonizzazione del cavo orale del bambino da parte di questi microorganismi, tanto maggiori saranno le probabilità di sviluppo di lesioni cariose nella dentatura decidua (Johnson, 2004).
Dieta
E’ nozione comune che, in Europa, durante e dopo la fine delle guerre mondiali, quando il consumo di zuccheri era forzatamente ridotto, la prevalenza e l’incidenza di carie erano estremamente basse; d’altro canto, numerosi studi clinico-epidemiologici hanno messo in relazione il consumo di zuccheri fermentabili con l’aumento della carie. L’ordine decrescente di cariogenicità è il seguente: saccarosio, glucosio, maltosio, lattosio, fruttosio (Karjalainen, 2007). La frequenza con cui i carboidrati vengono assunti, più che la dose complessivamente assunta, sembra essere l’elemento più importante nella genesi della patologia.
Ospite
Le variabili relative all’ospite riguardano essenzialmente la saliva. La saliva esercita un’importante azione protettiva, grazie ai sistemi tampone che agiscono innalzando il valore del pH, quando questo scende sotto la soglia di rischio per la demineralizzazione. La saliva è, inoltre, fornita di sistemi antimicrobici (lisozima, perossidasi) e immunitari (IgA secretorie) che agiscono sinergicamente nel controllo della flora cariogena (Tenovuo, 1998; Lenander-Lumikari et al., 2000; Hicks et al., 2003; Dodds et al., 2005).
L’utilizzo di gomma da masticare (chewing-gum) stimola, durante i primi minuti di masticazione, la secrezione salivare e può, pertanto, incrementare transitoriamente i meccanismi di difesa nei confronti della carie, sempre che siano privi di zuccheri fermentabili e contengano edulcoranti non cariogeni, come lo xilitolo (Lingstrom et al., 2003; Van Loveren, 2004; Burt, 2006). L’uso del chewing gum non sostituisce in nessun caso le regolari manovre di igiene orale, perché la sola masticazione non è in grado di rimuovere i depositi di placca batterica nei diversi siti del cavo orale, cosa che solo un corretto spazzolamento può ottenere. L’utilizzo di chewing gum contenente fluoro può risultare utile, come unico presidio, nella prevenzione della carie unicamente se il contenuto dell’oligoelemento è pari ai dosaggi giornalieri riportati nel paragrafo della fluoroprofilassi sistemica. E’ bene ricordare che i chewing gum reperibili in commercio nella grande e piccola distribuzione, fatta eccezione per alcuni fra quelli venduti in farmacia, contengono quantitativi di fluoro non rilevanti ai fini preventivi. Il loro saltuario utilizzo può comunque essere permesso. Sull’utilizzo di chewing contenenti probiotici, non esistono ad oggi dati scientifici che consentano di consigliarne l’utilizzo.
Fattori di rischio aggiuntivi
Le condizioni socio-economiche ed ambientali giocano un ruolo importante sullo sviluppo della patologia cariosa, influenzando anche le abitudini correlate alla salute orale, quali l’igiene orale personale e l’igiene alimentare.
Linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva
Definizione del rischio di carie
RISCHIO DI CARIE BASSO/MEDIO
-Sotto i 6 anni
● Nessuna lesione clinicamente evidente o carie secondaria, assenza di fattori di rischio o presenza di un solo fattore che possa aumentare la probabilità che il soggetto manifesti nel futuro prossimo una o più lesioni cariose.
-Oltre i 6 anni
● Una lesione clinicamente evidente o carie secondaria negli ultimi 3 anni.
RISCHIO DI CARIE ELEVATO
-Sotto i 6 anni (almeno uno dei punti seguenti)
● Presenza di almeno una lesione clinicamente evidente o carie secondaria negli ultimi 3 anni.
● Presenza di più fattori di rischio che possano aumentare la probabilità di carie.
● Basso status socio economico.
● Esposizione al fluoro non sufficiente.
● Xerostomia (alterata secrezione di saliva).
-Oltre i 6 anni (almeno uno dei punti seguenti)
● Più di due lesioni clinicamente evidenti o carie secondarie negli ultimi 3 anni.
● Presenza di più fattori di rischio che possano aumentare la probabilità di carie.
● Esposizione al fluoro non sufficiente.
● Xerostomia.
RACCOMANDAZIONI
●Raccomandazione 1
La considerevole prevalenza della patologia cariosa nella popolazione infantile italiana suggerisce di considerarla tutta a rischio di carie.
L’elevata prevalenza della patologia cariosa nella popolazione infantile italiana recentemente rilevata (Campus et al., 2007) ci porta a valutare l’intera popolazione come potenzialmente a rischio di carie e come tale bisognosa di interventi preventivi di tipo estensivo (Tinanoff et al., 2002; Källestål et al., 2003; De Grauwe et al., 2004).
●Raccomandazione 2
La fluoroprofilassi deve essere consigliata per tutti i soggetti in età evolutiva che vivono in aree con acqua a basso contenuto di fluoro (< 0,6 ppm).
La fluoroprofilassi può iniziare dal terzo mese di gravidanza con la somministrazione alla madre di 1 mg/die.
Fluoroprofilassi 0-6 mesi: è possibile somministrare 0.25 mg/die. (o continuare la somministrazione di 1 mg/die alla madre che allatta).
La fluoroprofilassi raggiunge la massima efficacia dopo l’eruzione dei denti. La costante presenza di adeguate concentrazioni di fluoro nel cavo orale riduce significativamente il rischio di carie (Leroy et al., 2003; Levy, 2003; Marinho et al., 2003; Twetman et al., 2003; Weintraub, 2003; Douglass et al., 2004; Marinho et al., 2004a; 2004b; Peterson et al., 2004; Twetman et al., 2004; Jones et al., 2005; Yeung et al., 2005; Adair, 2006; Hiiri et al., 2006).
I principali meccanismi d’azione del fluoro sono:
- a) rinforzare la struttura cristallina dello smalto con formazione di fluoroapatite (Leroy et al., 2003; Yeung et al., 2005; Jones et al., 2005;Adair, 2006).
- b) favorire la remineralizzazione dello smalto demineralizzato (Leroy et al., 2003; Levy, 2003; Lewis e Milgrom, 2003; Jones et al., 2005);
- c) effetto antimicrobico, soprattutto su Streptococcus mutans, diminuendone la capacità di adesione ai tessuti orali e i tempi di moltiplicazione (Jenkins et al., 1993).
La somministrazione di fluoro per via sistemica è indicata per tutti i bambini fino a 3 - 6 anni di età che vivono in aree in cui la concentrazione dell’oligoelemento nelle acque è < 0,6 ppm, cioè la quasi totalità, ad eccezione delle aree vulcaniche. Inoltre, in Italia, il consumo di acque minerali sostituisce in buona parte quello dell’acqua potabile. Esse riportano sull’etichetta la concentrazione di fluoro che di solito è inferiore a 0,6 ppm. Per di più, quelle a concentrazione di fluoro più elevata sono, di solito, di gusto non gradito ai bambini.
Tale metodica di somministrazione è l’unica che assicura il controllo della dose realmente assunta in questa fascia di età: la capacità dei bambini di non ingerire significative quantità di dentifricio e/o di altri veicoli (es. collutori) non è sicura, né valutabile.
●Raccomandazione 3
La somministrazione di fluoro per via sistemica è raccomandata per tutti i soggetti dai 6 mesi ai 3 anni e costituisce l’unica forma di somministrazione
A quest’età, la fluoroprofilassi topica tramite dentifrici può esporre a rischio di sovradosaggio. E’ possibile estendere la fluoroprofilassi sistemica fino ai 6 anni adeguando la dose (Kumar and Moss, 2008).
●Raccomandazione 4
La somministrazione di fluoro per via topica attraverso l’uso di paste dentifrice a basso contenuto di fluoro (500 ppm) è raccomandata dai 3 ai 6 anni, due volte al giorno. Dopo i 6 anni, l’uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro due volte al giorno è di fondamentale importanza nella prevenzione della carie e può costituire l’unica forma di somministrazione.
La quantità raccomandata di dentifricio per i bambini sotto i 6 anni deve essere minima, pari alla grandezza di una lenticchia. Perché il corretto dosaggio sia rispettato è indispensabile la supervisione di un adulto; in nessun caso il dentifricio dovrà essere lasciato all’uso autonomo del bambino. Seguendo queste indicazioni, il rischio di fluorosi è decisamente raro, in ogni caso, nullo dopo gli 8 anni (Levy, 2003). E’, comunque, importante sottolineare che all’età di 5 anni, per sviluppare fluorosi, è necessario ingerire per lunghi intervalli di tempo il 50% del contenuto di un tubetto di dentifricio per bambini (Rock e Sabieha, 1997). Oltre questa fascia di età è consigliato l’uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro (Marinho et al., 2003).