giovedì 28 marzo 2013

L’Italia è tra i produttori di cibo meno contaminato in Ue e nel mondo…ma è anche importatore !

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È questa la conclusione del dossier realizzato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) riferito al 2010 e pubblicato a marzo 2013.


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La relazione annuale, pubblicata il 12 marzo 2013, fornisce una panoramica sui residui di pesticidi riscontrati negli alimenti nel 2010 nei 27 Stati membri dell’UE, oltre che in Islanda e Norvegia. Nell’ambito di questa analisi, l’EFSA ha sperimentato un approccio innovativo per il calcolo dell’esposizione attraverso la dieta noto come “valutazione del rischio cumulativo”. Diversamente dalle tecniche consolidate, che valutano i residui di pesticidi singolarmente, questo approccio considera gli effetti potenziali dell’esposizione multipla a diverse sostanze chimiche che possiedono proprietà tossicologiche simili.
In totale, sono stati analizzati più di 77.000 campioni di circa 500 diversi tipi di cibo (grezzo o elaborato) per ricercare  residui di antiparassitari dalle autorità nazionali competenti


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Il responsabile dell’unità Pesticidi dell’EFSA, Herman Fontier, ha dichiarato: “Questa relazione annuale sui residui di pesticidi offre importanti raccomandazioni per migliorare il monitoraggio a livello sia nazionale sia di UE. Ciò garantirà che i gestori del rischio possano disporre delle informazioni più accurate e pertinenti in base alle quali assumere decisioni.”Oltre a valutare l’esposizione tramite la dieta, l’EFSA ha condotto per la prima volta una valutazione del rischio cumulativo come parte della relazione 2010. Lo scopo principale del programma pilota era valutare la necessità di migliorie alle modalità con cui gli Stati membri riportano i dati di monitoraggio. L’EFSA ha evidenziato il valore di questo lavoro sperimentale di valutazione del rischio cumulativo come precursore di un miglior utilizzo di tale approccio nelle relazioni future. Ma è stata anche riconosciuta la necessità di raccolte di dati supplementari da parte delle autorità nazionali e di modifiche alla metodologia, al fine di ridurre le significative incertezze riscontrate nei risultati.


Fontier ha poi aggiunto: “La valutazione del rischio cumulativo si basa su un’analisi fine e sulla comprensione dei possibili tipi di tossicità congiunta delle sostanze chimiche negli alimenti. Essa richiede metodologie sofisticate in grado di gestire e combinare quantità enormi di dati. È per questo motivo che la valutazione pilota del rischio cumulativo presentata nell’ultima relazione è volta a testare la metodologia di valutazione del rischio piuttosto che i risultati, che non sono da considerarsi significativi poiché presentano un alto grado di incertezza”.


Questa è una buona notizia. Seguiranno studi approfonditi, ma sono state gettate le basi per iniziare una ricerca futura.


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 L'Italia insieme a Germania, Irlanda, Romania ed Olanda conquista il primato in Europa e nel mondo della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici oltre il limite (0,3 per cento) che sono risultati peraltro inferiori di cinque volte a quelli della media europea (1,5 per cento di irregolarità) e addirittura di 26 volte a quelli extracomunitari (7,9 per cento di irregolarità).


 E' incoraggiante per i produttori agricoli italiani che vedono così premiato il loro impegno per garantire la qualità e la sicurezza alimentare ma preoccupa per la crescente flusso di importazioni di prodotti alimentari dall'estero, spesso a basso costo e con minori garanzie, favorito dalla crisi.
Come potete vedere dall’immagine sotto riportata, i pericoli maggiori vengono dai paesi asiatici.

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La agricoltura biologica (organic) come previsto continua ad essere quella con meno residui finali.



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L’Italia è tra i produttori di cibo meno contaminato in Ue e nel mondo… ma è anche importatore !!!


  Allacciamoci al


Rapporto sulle agromafie Coldiretti/Eurispes del 2011.

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Circa un terzo (33 per cento) della produzione complessiva dei prodotti agroalimentari venduti in Italia ed esportati, per un valore di 51 miliardi di euro di fatturato, deriva da materie prime importate, trasformate e vendute con il marchio made in Italy, in quanto la legislazione lo consente, nonostante in realtà esse possano provenire da qualsiasi punto del pianeta.
Nel 2009 sono stati importate 30 milioni di tonnellate di prodotti agroalimentari, con un aumento del 50 per cento negli ultimi 15 anni. Numerosi sono gli elementi che destano curiosità e preoccupazione che emergono dalle analisi sul commercio estero nel 2009 rese note per la prima volta nel rapporto Coldiretti/Eurispes:


  • sono state importate in Italia 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati di cui: il 52,9 per cento proviene dalla Cina, destinate per il 98,6 per cento del totale alla sola provincia di Salerno, patria del mitico San Marzano;
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  • l’Italia ha importato dall’estero circa 70.500 tonnellate di vini di uve fresche, per la quasi totalità provenienti dagli Stati Uniti e solo marginalmente dalla Repubblica Sudafricana, Cile e altri paesi, destinati per il 94,8 per cento alla provincia di Cuneo, nota nel mondo per i grandi rossi Made in Italy;
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  • Sono state importate 4.983 tonnellate carne suina proveniente per il 91% dal Cile e destinato per l’87,4 per cento alle sole province di Milano e Modena (dove, come è noto, si confezionano prosciutti “italiani”.
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Secondo una analisi della Coldiretti viene dall'estero ben il 40 per cento del frumento duro utilizzato per produrre la pasta, il 60 per cento il frumento tenero per produrre il pane, il 40 per cento della carne bovina, il 35 per cento della carne suina da consumare fresca o da trasformare in salumi e prosciutti e il 45 per cento del latte per prodotti lattiero caseari. Tra l'altro nel 2012 - precisa la Coldiretti - sono stati importati dalla Cina oltre 80 milioni di chili di pomodori conservati destinati con la rilavorazione industriale a trasformarsi magicamente in prodotti Made in Italy.
Una situazione resa possibile dalla mancanza di trasparenza nell'informazione dovuta ai ritardi accumulati nell'introdurre l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza degli alimenti.
Ad oggi - denuncia la Coldiretti - è obbligatorio indicare l'origine in etichetta per la carne bovina ma non per quella di cavallo, agnello, coniglio o maiale fresco o trasformato in salumi, per il latte fresco ma non per quello a lunga conservazione o i formaggi, per la passata di pomodoro ma non per le il concentrato o i sughi pronti, per la frutta fresca ma non per quella conservata o per i succhi, ne tantomeno per il grano impiegato nella pasta.