mercoledì 15 maggio 2013

Pesce al mercurio e diossina ? Impariamo a conoscerne i rischi.

 

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Nel suo parere l’EFSA dichiara che non esistono grandi differenze tra il pesce selvatico e il pesce di allevamento in termini sia di sicurezza che di apporto nutrizionale * . Il consumo di pesce e, in particolare, di pesce grasso, ricco di acidi grassi polinsaturi a catena lunga n-3, risulta benefico per la salute cardiovascolare e per lo sviluppo fetale. In generale, le raccomandazioni nutrizionali suggeriscono di consumare pesce grasso una o due volte alla settimana. E’ nelle prime fasi del suo sviluppo che l’essere umano conosce il periodo di massima sensibilità ai contaminanti critici, quali il metilmercurio ed i composti diossina-simili. Gli esperti scientifici quindi consigliano, soprattutto per i gruppi più vulnerabili quali i nascituri, le donne in stato di gravidanza e le donne in età fertile, che i benefici nutrizionali del consumo del pesce siano valutati tenendo conto dei rischi potenziali riconducibili alla presenza di contaminanti in taluni tipi di pesce.

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In generale, il rispetto delle indicazioni nutrizionali relative al consumo di pesce non dovrebbe comportare un’assunzione di diossine e di bifenili policlorati (PCB) diossina-simili tale da destare preoccupazione sul piano della sicurezza; fa eccezione il pesce grasso proveniente dal Mar Baltico (come l’aringa e il salmone), per il quale i dati disponibili relativi alle concentrazioni di contaminanti giustificano l’esistenza delle raccomandazioni nutrizionali più specifiche proposte dalle autorità per la sicurezza alimentare di Svezia e Finlandia. Il gruppo di esperti scientifici fa notare, tuttavia, che le raccomandazioni nutrizionali relative al consumo di pesce dovrebbero tener conto anche di altre fonti di questi contaminanti nell’alimentazione. Per quanto concerne il metilmercurio, è improbabile che le donne che consumano fino a due porzioni di pesce a settimana superino la dose tollerabile, purché si evitino alcune specie di grandi pesci predatori. Un orientamento complementare sulle specie e le quantità di pesce più adatte alla dieta può essere fornito anche dalle autorità nazionali per la sicurezza alimentare dei singoli Stati membri. Infine, il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare raccomanda l’elaborazione di una metodologia coerente e concordata per l’esecuzione di valutazioni quantitative dei rischi e dei benefici correlati al consumo alimentare.

L’EFSA è stata incaricata dal Parlamento europeo di valutare i rischi per la salute derivanti dal consumo umano di pesce selvatico e di pesce di allevamento, e di includere una valutazione generale dell’impatto e del rischio legato al consumo di aringhe del Baltico. Il parere dell’EFSA si concentra sui metalli pesanti di maggior rilievo e sui contaminanti organici persistenti, vale a dire il metilmercurio, le diossine e i PCB diossina-simili, ed esamina anche il valore nutrizionale e i benefici del consumo di pesce. Per poter eseguire questa valutazione, che richiede competenze di tipo multidisciplinare, l’EFSA ha istituito un gruppo di lavoro “interpanel” costituito da membri provenienti dai seguenti gruppi scientifici: contaminanti nella catena alimentare (CONTAM); prodotti dietetici, alimentazione e allergie (NDA); additivi, prodotti o sostanze usati nell’alimentazione animale (FEEDAP); salute e benessere degli animali (AHAW).

Il pesce offre un importante apporto nutrizionale, fornendo proteine, acidi grassi (come per esempio gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga n-3 o LC n-3 PUFA) e talune vitamine e minerali. Il consumo di pesce è benefico per la salute cardiovascolare e può avere un’influenza benefica per lo sviluppo del feto. Per un apporto di LC n-3 PUFA benefico al sistema cardiovascolare spesso si consigliano, nelle raccomandazioni nutrizionali, una o due porzioni (130 g a porzione) di “pesce grasso” (come l’aringa o il salmone) alla settimana o quantità superiori di pesce magro.

Nella valutazione della sicurezza del pesce selvatico e del pesce di allevamento il gruppo di esperti CONTAM dell’EFSA ha riesaminato un’ampia gamma di contaminanti, giungendo alla conclusione che i due contaminanti per i quali i grandi consumatori di pesce potrebbero superare la dose settimanale tollerabile provvisoria (PTWI) sono:

(1) il metilmercurio, che è presente in elevate concentrazioni nel tonno e in altri grandi predatori catturati prevalentemente in natura;


(2) le diossine e PCB diossina-simili, per i quali si riscontrano concentrazioni superiori nel pesce grasso, come l’aringa ed il salmone.

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Il metilmercurio è particolarmente tossico per il sistema nervoso e per lo sviluppo del cervello. L’esposizione a questa sostanza durante la gravidanza e la prima infanzia è quindi dannosa.

 

 

untitled È improbabile che le donne in gravidanza che consumano fino a due porzioni di pesce alla settimana superino la PTWI fissata per il metilmercurio, a condizione che non si consumi il tonno pinna blu o il tonno bianco. (Queste specie, comunque, non sono solitamente utilizzate per la produzione di tonno in scatola in Europa). Altri grandi pesci predatori quali il marlin, il luccio, il pesce spada e lo squalo, contengono spesso livelli elevati di metilmercurio. Già nel marzo del 2004 l’EFSA raccomandava che le donne in età fertile (e in particolare le donne intenzionate ad avere figli), le donne in gravidanza e in fase di allattamento, nonché i bambini piccoli, scegliessero tra diverse specie di pesce senza dare preferenza eccessiva ai grandi predatori come il pesce spada e il tonno, che si situano al vertice della catena alimentare.

 

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 Nel caso delle diossine e dei PCB diossina-simili sono necessari anni per ridurre la concentrazione di queste sostanze nell’organismo umano. Per le donne che desiderano una gravidanza non è quindi possibile abbattere questi livelli senza escludere completamente il pesce dalla dieta (nonché altre potenziali fonti di diossine e di PCB diossina-simili) per diversi anni prima del concepimento.

Tuttavia, le donne che consumano fino a due porzioni di pesce grasso alla settimana non superano la dose settimanale tollerabile provvisoria per diossina e PCB diossina-simili, sempre che facciano attenzione ad altre possibili fonti presenti nella dieta in modo da non superare la dose ammissibile.

L’EFSA è del parere che i consumatori frequenti di pesce grasso proveniente dal Mar Baltico, vale a dire l’aringa e il salmone selvatico del Baltico, abbiano maggiori probabilità di superare la dose ammissibile fissata per le diossine e i PCB diossina-simili rispetto ad altri consumatori di pesce grasso. I livelli di diossina e di PCB diossina-simili nell’aringa del Baltico e nel salmone selvatico del Baltico sono in media, rispettivamente, 3,5 e 5 volte superiori rispetto alle aringhe e al salmone di allevamento non provenienti dal Mar Baltico. Pareri specifici concernenti il consumo di pesce del Mar Baltico e che tengono conto di questi maggiori livelli di contaminazione,sono forniti dalle autorità nazionali per la sicurezza alimentare di Svezia e Finlandia.

Le raccomandazioni sul consumo di pesce, infatti, non possono prescindere dall’esposizione alimentare complessiva ai relativi contaminanti, calcolata sulla base di modelli di consumo nazionali. Le autorità nazionali per la sicurezza alimentare degli Stati membri sono in grado di fornire un orientamento sulle specie e le quantità di pesce più adatte alla dieta. I fattori che incidono sui livelli di contaminanti riscontrati nei pesci comprendono: la specie, la fase di vita e la loro alimentazione, la stagione ed il luogo di cattura. Questi livelli variano ampiamente all’interno di una stessa specie e da una specie all’altra, sia per i pesci selvatici che per quelli di allevamento. Alla luce dei dati disponibili non si riscontrano grosse differenze tra le concentrazioni di nutrienti e di contaminanti nel pesce selvatico e nel pesce di allevamento. Nel pesce di allevamento le principali fonti di contaminanti organici sono l’olio di pesce e la farina di pesce; è quindi necessario approfondire la ricerca relativa alle possibilità di riduzione dei livelli di contaminanti nei mangimi per pesci. Nel caso del pesce selvatico l’unico provvedimento possibile è il controllo a lungo termine delle emissioni di inquinanti nell’ambiente.

Il pesce, selvatico o di allevamento, trova una sua collocazione in una dieta ben equilibrata e in genere non esistono differenze di rilievo tra il pesce selvatico e il pesce di allevamento in termini di sicurezza per il consumatore.

 

Nota preliminare sulla valutazione del rischio relativa alla sicurezza dei pesci selvatici e dei pesci di allevamento (Richiesta n° EFSA-Q-2004-023)

1. Quali tipi di pesci sono stati presi in considerazione dall’EFSA per la valutazione del rischio?

Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare ha concentrato la propria analisi per la valutazione del rischio sulle principali specie di pesci che si trovano sul mercato dell’Unione europea: aringa, salmone, tonno, trota iridea, carpa, acciuga, sgombro e sardina.

2. È salutare mangiare pesce?

Il pesce offre un contributo importante a una dieta equilibrata fornendo proteine, acidi grassi (quali gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga n-3, LC n-3 PUFA) e talune vitamine e minerali (vitamine A, B12 e D, iodio e selenio). Il consumo di pesce grasso o di grandi quantità di pesce magro garantisce un sostanziale apporto dietetico di acidi grassi polinsaturi a catena lunga n-3. Di conseguenza, le persone che non consumano pesce hanno difficoltà a raggiungere la loro dose giornaliera di LC n-3 PUFA consigliata per la salute cardiovascolare e lo sviluppo fetale.

Il pesce, però, può anche favorire in modo significativo un’esposizione alimentare a taluni contaminanti quali il metilmercurio, le diossine e i PCB, i ritardanti di fiamma brominati, il camfeclor e i composti organostannici. La concentrazione di questi contaminanti nel pesce varia in funzione della natura del contaminante e del tipo di pesce.

 

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I contaminanti liposolubili (come le diossine e i composti diossina-simili) si trovano soprattutto nei pesci grassi quali il salmone e l’aringa.

 

 

 

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I livelli di metilmercurio non dipendono invece dal contenuto di grasso del pesce; questa sostanza, che tende ad accumularsi nella catena alimentare, è maggiormente presente nei grandi pesci predatori (come il pesce spada e il tonno).

 

 

I grandi consumatori di pesci predatori quali il luccio o il tonno (in particolare il tonno pinna blu o il tonno bianco, raramente usati per la produzione di tonno in scatola in Europa) rischiano di superare la dose settimanale tollerabile provvisoria (PTWI) di metilmercurio. I grandi consumatori di pesce grasso rischiano di superare la PTWI di diossine e di composti diossina-simili.

Occorre tuttavia tenere presente che esistono altre fonti di esposizione alimentare ai contaminanti liposolubili. Anche i grandi consumatori di carne possono superare la PTWI di diossine (PCDD/F) e di composti diossina-simili, indipendentemente dal consumo di pesce. Sostituire il pesce con la carne non comporta quindi inevitabilmente una riduzione dell’esposizione alimentare a questi contaminanti.

L’assunzione di altri contaminanti presenti nel pesce, diversi dal metilmercurio, dalle diossine e dai PCB, non costituisce un pericolo per la salute. Il pesce non contribuisce in modo significativo all’esposizione alimentare complessiva a questi contaminanti e qualora ciò accada, è improbabile che persino i grandi consumatori di pesce superino i livelli di assunzione tollerabili (ove questi siano stati fissati).

3. Dovrei mangiare pesce in previsione o nel corso di una gravidanza?

Il metilmercurio è particolarmente tossico per il sistema nervoso e per lo sviluppo del cervello. L’esposizione a questa sostanza durante la gravidanza e la prima infanzia è quindi particolarmente dannosa. Il metilmercurio viene eliminato naturalmente dall’organismo, ma occorrono diversi mesi perché i livelli si abbassino.

Il tonno in scatola sembra avere livelli di metilmercurio più bassi rispetto al tonno fresco, a causa delle differenti specie e/o dimensioni del pesce utilizzato.( vedi sotto : Rio Mare )

Le donne in stato di gravidanza che consumano fino a due porzioni di pesce alla settimana difficilmente superano la PTWI di metilmercurio, a condizione che non consumino tonno pinna blu o tonno bianco. Queste specie, comunque, vengono usate raramente per la produzione di tonno in scatola nell’Unione europea. Contengono spesso livelli elevati di metilmercurio altri grandi pesci predatori quali il marlin, il luccio, il pesce spada e lo squalo. Raccomandazioni nutrizionali più specifiche, relative al consumo di pesce, sono proposte dalle autorità nazionali per la sicurezza alimentare dei singoli Stati membri.

Le diossine e i composti diossina-similiinfluiscono particolarmente sullo sviluppo del sistema riproduttivo maschile; l’esposizione del feto durante la gravidanza è pertanto il periodo più critico. Le diossine e i composti diossina-simili si accumulano nel tessuto adiposo e hanno una vita molto lunga; ciò significa che l’organismo impiega diversi anni per eliminare queste sostanze chimiche. Di conseguenza, i livelli presenti nell’organismo, o “carico corporeo”, durante la gravidanza non dipendono dall’apporto di diossina in quel dato periodo bensì dall’accumulo negli anni precedenti.

Il pesce grasso come il salmone e l’aringa contiene livelli più elevati di contaminanti, quali diossine e composti diossina-simili, rispetto al pesce magro.

Le donne in stato di gravidanza che consumano fino a due porzioni a settimana di pesce grasso, come il salmone o l’aringa non proveniente dal Baltico, non superano la dose settimanale tollerabile provvisoria di diossina e composti diossina-simili, sebbene siano da considerare anche altre fonti di esposizione alimentare.

Nel precedente parere del marzo del 2004, l’EFSA raccomandava alle donne in età fertile (e, in particolare, alle donne intenzionate ad avere figli), alle donne in stato di gravidanza e in fase di allattamento nonché ai bambini piccoli, di orientarsi su una vasta gamma di specie di pesce e di non consumare di preferenza grandi predatori come il pesce spada e il tonno.   (EFSA provides risk assessment on mercury in fish: precautionary advice given to vulnerable groups) . Questo parere è ancora valido e deve essere tenuto in conto nella scelta di quella singola o doppia porzione di pesce a settimana che si considera come un buon contributo a un’alimentazione salutare. Le autorità nazionali per la sicurezza alimentare dei singoli Stati membri propongono inoltre raccomandazioni nutrizionali più specifiche.

4. Perché il pesce del Mar Baltico è oggetto di un’attenzione speciale?

Il Mar Baltico è altamente contaminato da numerose sostanze inquinanti quali le diossine e i PCB. Sebbene il motivo di questa situazione non sia del tutto chiaro, si pensa che le attività industriali del passato e il lungo tempo di ritenzione dell’acqua possano costituire fattori importanti. I livelli di contaminazione nel pesce del Baltico si sono ridotti negli ultimi trent’anni, ma ad oggi non pare sussistere alcuna ulteriore diminuzione. I livelli di diossina e di composti diossina-simili nelle aringhe del Baltico sono in media 3,5 volte superiori rispetto alle aringhe di altri mari. Il salmone bianco del Baltico è circa 5 volte più contaminato con diossina e composti diossina-simili rispetto al salmone di allevamento.

Di conseguenza, la possibilità di superare la dose settimanale tollerabile provvisoria è maggiore se si consumano aringhe o salmone bianco del Baltico più di una volta alla settimana. In Svezia e in Finlandia, in particolare, sono divulgati pareri nazionali specifici rivolti soprattutto alle giovani donne. Questo perché le diossine e i composti diossina-simili vengono trattenuti a lungo dall’organismo, con conseguenze sui livelli riscontrati nelle donne durante la gravidanza e l’allattamento (per le donne che allattano al seno).

5. Quali specie di pesce sono allevate?

Nonostante il calo della pesca nell’Unione europea, il consumo di pesce è cresciuto almeno dell’1% all’anno nel corso degli ultimi dieci anni. La crescente domanda da parte dei consumatori è stata per lo più soddisfatta da una maggiore disponibilità di pesce di allevamento sia dell’Unione europea che di importazione. Il pesce catturato in natura rappresenta comunque circa due terzi del totale del pesce consumato. Tra i pesci che provengono prevalentemente o esclusivamente da allevamento figurano il salmone, la trota iridea e la carpa. I pesci prevalentemente catturati in natura sono l’aringa, l’acciuga, il tonno, lo sgombro e la sardina.

6. Il consumo di pesce di allevamento è meno sicuro del pesce selvatico?

Non esistono grandi differenze tra il pesce selvatico e il pesce di allevamento, in termini sia di sicurezza sia di apporto nutrizionale.I livelli di nutrienti e di contaminanti del pesce dipendono in gran parte dai seguenti fattori: specie, stagione, luogo, dieta, fase di vita ed età. Questi livelli variano ampiamente all’interno di una stessa specie e passando da una specie all’altra, sia per i pesci selvatici che per quelli di allevamento.

7. Il pesce europeo è più contaminato di quello nordamericano?

In un documento scientifico pubblicato circa un anno fa e in un suo seguito degli stessi autori (Hites et al., 2004 Foran et al., 2005) pubblicato lo scorso maggio si ipotizza in effetti che il salmone nordamericano sia meno contaminato di quello europeo. Gli autori tuttavia non tengono conto di fattori quali la stagione, il luogo, l’alimentazione, la fase di vita e l’età del pesce, che possono incidere notevolmente. Se si considerano questi fattori, non si osservano differenze consistenti tra i livelli di contaminanti presenti nel pesce europeo e in quello nordamericano, compreso il salmone.

A dicembre 2012 l’EFSA ha aggiornato il proprio parere scientifico sul mercurio negli alimenti. L’Autorità ha stabilito dosi settimanali tollerabili (TWI) delle principali forme di mercurio negli alimenti: metilmercurio e mercurio inorganico. Il metilmercurio è la forma di mercurio prevalente nel pesce e nei frutti di mare ed è particolarmente tossico per il sistema nervoso in fase di sviluppo, incluso il cervello. Il mercurio inorganico è meno tossico e può essere anch’esso presente nel pesce e nei frutti di mare, così come nei piatti pronti.

Il gruppo di esperti CONTAM ha esaminato nuove informazioni scientifiche riguardo alla tossicità di queste forme di mercurio e ha quindi stabilito una TWI per il metilmercurio di 1,3 µg/kg di peso corporeo (inferiore al valore fissato dal JECFA di 1,6 µg/kg). Per la maggior parte delle persone è improbabile che l’esposizione media al metilmercurio presente negli alimenti ecceda la TWI , se non associata ad altre fonti di esposizione (per lo più da materiale usato per otturazioni dentali).

A seguito della pubblicazione di questo parere scientifico, l’EFSA ha ricevuto una richiesta dalla Commissione europea di fornire un parere scientifico sui rischi e sui benefici derivanti dal consumo di pesce e frutti di mare in relazione al metilmercurio. L’EFSA ha accettato il mandato e la pubblicazione del relativo parere è prevista entro dicembre 2013.


Maggio 2013

“Il fatto alimentare” ha chiesto alla Rio Mare delucidazioni in merito al contenuto di mercurio nel tonno in scatola : ecco la risposta della Bolton, casa produttrice.

 

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Bolton Alimentari, proprietaria del marchio Rio Mare, tiene a fornire dei chiarimenti in merito ai dubbi avanzati sui contenuti del comunicato “Il pesce in scatola batte la crisi” e, più in generale, a ribadire la qualità e la sicurezza del proprio tonno in scatola.

L’azienda tiene innanzitutto a sottolineare come il mercurio sia un metallo che ha origine naturale (erosione rocce, attività vulcanica) e può anche provenire da alcune attività umane (produzioni industriali, pesticidi, medicinali). Nell’acqua la forma inorganica di questo elemento viene poi trasformata da parte della microflora marina nella forma organica, il metilmercurio, che si accumula nei tessuti dei pesci. Questo composto è presente in tutti gli organismi acquatici, in particolare in quelli che si trovano al vertice della catena alimentare (squalo, pesce spada e alcune specie di tonno). Per la presenza di metilmercurio nei prodotti della pesca, la legislazione italiana fa riferimento al Regolamento CE n. 1881 del 2006 “Tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari” che prevede un tenore medio, nelle parti commestibili, non superiore a 0.5 mg/kg di prodotto fresco; per alcune specie ittiche, tra cui il tonno, il tenore medio di mercurio è fissato invece a 1 mg/kg di prodotto. I rigorosi e regolari controlli effettuati sulle materie prime e sui prodotti finiti Rio Mare dimostrano che il contenuto di mercurio è mediamente inferiore a 0,15 mg/kg, dunque un livello ben al di sotto del limite previsto dalla legge vigente in materia.

Per quanto riguarda le dosi settimanali di tonno in scatola consigliate, l’azienda vuole invece precisare che la raccomandazione riportata dal claim Rio Mare è pienamente rispondente alle raccomandazioni della EFSA e della FDA e rispettosa dunque della salute di tutti i consumatori. Le confezioni di tonno in scatola Rio Mare più comunemente utilizzate come monoporzione (oltre il 50% dei consumi) hanno infatti un contenuto di 80g che, sgocciolato, corrisponde a circa 52g di pesce: un quantitativo che permette, anche con il consumo di due confezioni, di rimanere al di sotto sia dei 170g raccomandati per donne in gravidanza e bambini sia dei 340g previsti per un adulto.

Bolton Alimentari auspica con questa lettera di aver fornito delle risposte chiare ed esaurienti in merito alla sicurezza e qualità dei prodotti Rio Mare e rimane a disposizione per  eventuali ulteriori informazioni