giovedì 31 ottobre 2013

Latti “di crescita”: “Nessun valore aggiunto rispetto a una dieta bilanciata”, afferma l’EFSA

 

 

 

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25 ottobre 2013

L’uso dei cosiddetti “latti di crescita”, afferma l’EFSA, non apporta alcun valore aggiunto rispetto a una dieta bilanciata nel soddisfare il fabbisogno nutrizionale dei bambini nella prima infanzia nell’Unione europea.

Gli esperti scientifici dell’EFSA non sono riusciti a individuare “alcun ruolo unico” degli alimenti per la prima infanzia (comunemente denominati “latti di crescita”) nella dieta dei bambini di età compresa tra uno e tre anni, concludendo che essi non sono più efficaci degli altri alimenti che costituiscono la dieta normale di tali bambini nell’apportare sostanze nutritive. I risultati sono contenuti nel parere scientifico dell’EFSA relativo al fabbisogno e ai livelli di assunzione attraverso la dieta di sostanze nutritive di lattanti e bambini nella prima infanzia nell’Unione europea, richiesto dalla Commissione europea.

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Negli ultimi anni è stato immesso in commercio negli Stati membri un numero crescente di bevande a base di latte e prodotti analoghi destinati ai bambini nella prima infanzia ed etichettati come “latte di crescita”, “latte per la prima infanzia” o con terminologia simile. Gli scienziati e le parti interessate hanno opinioni divergenti riguardo alla necessità di ricorrere a tali prodotti per soddisfare il fabbisogno nutrizionale dei bambini nella prima infanzia. A differenza degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento, gli alimenti per i bambini nella prima infanzia non sono soggetti a specifiche norme europee, e la Commissione sta valutando se raccomandare disposizioni particolari per questi prodotti nella prossima legislazione.

Al gruppo di esperti scientifici sui prodotti dietetici, l’alimentazione e le allergie (NDA) dell’EFSA è stato anche chiesto di fornire consulenza sull’evoluzione delle esigenze alimentari nel corso dei primi tre anni di vita e di stabilire i livelli di sostanze nutritive a suo giudizio adeguati per la maggior parte dei lattanti e bambini nella prima infanzia sani e di peso normale. Per i lattanti fino ai sei mesi di età, gli esperti hanno basato i calcoli per la maggioranza delle sostanze nutritive sul contenuto nutrizionale del latte materno di donne sane e ben nutrite che non fanno uso di integratori alimentari. Per i lattanti di età compresa tra sei e 12 mesi e i bambini da uno a tre anni di età, hanno utilizzato i valori di riferimento fissati dal gruppo di esperti scientifici NDA negli ultimi anni, ad esempio quelli per energia, proteine, grassi e carboidrati, e hanno riesaminato i valori di riferimento fissati dal comitato scientifico dell’alimentazione umana nel 1993, alla luce delle raccomandazioni più recenti espresse da altri organismi scientifici o autorevoli. Il gruppo di esperti scientifici ha poi confrontato il fabbisogno medio o i livelli di assunzione adeguati con l’apporto abituale di sostanze nutritive dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia a livello europeo.

Il gruppo di esperti scientifici ha riscontrato che i lattanti e i bambini nella prima infanzia hanno un elevato apporto di energia, proteine, sale e potassio, ma un basso apporto di fibre alimentari. L’apporto di proteine, sale, potassio e fibre alimentari non è a livelli tali da destare preoccupazione, ma l’apporto generalmente elevato di energia può contribuire a un indesiderato aumento del peso corporeo. Ha concluso, inoltre, che i livelli di assunzione di una serie di micronutrienti, tra cui calcio, magnesio e vitamina C, erano verosimilmente sufficienti a soddisfare i requisiti nutrizionali. Tuttavia, il consumo di acidi grassi omega-3, ferro, vitamina D e iodio (in alcuni Paesi europei) è basso fra i lattanti e i bambini nella prima infanzia.

Il gruppo di esperti scientifici sottolinea la necessità di prestare particolare attenzione ad assicurare un apporto adeguato di acidi grassi omega-3, ferro, vitamina D e iodio ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia che manifestano o sono a rischio di manifestare livelli inadeguati di queste sostanze nutritive. Gli alimenti arricchiti, inclusi gli alimenti per i bambini nella prima infanzia, rappresentano un modo per incrementare tali apporti; esistono, tuttavia, alternative efficienti, quali il latte vaccino arricchito, i cereali e gli alimenti a base di cereali arricchiti, gli integratori o la precoce introduzione di carne e pesce nell’alimentazione integrativa e il consumo regolare e continuato di tali alimenti.

A questo parere l’EFSA farà seguire un secondo parere, la cui pubblicazione è prevista nel 2014, che fornirà consulenza alla Commissione sulla composizione essenziale degli alimenti per bambini.

 

http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/3408.htm

Problemi frequenti con la dentizione

 

Intervenire tempestivamente (in caso di disagi come distacchi di attacchi ortodontici o di fili ortodontici che pungono le mucose) o precocemente, per problemi da intercettare e curare al più presto.

L’ortodonzia può rivestire criterio di urgenza, nel senso che può essere opportuno intervenire tempestivamente nel processo di crescita o nell’instaurarsi di abitudini viziate, e in questi casi si dice che è urgente correggere il processo di crescita oppure che è urgente intervenire sui comportamenti viziati che possono procurare disfunzioni e aggravare il quadro clinico.
Può essere opportuno intervenire tempestivamente in caso di disagi come distacchi di attacchi ortodontici o di fili ortodontici che pungono le mucose. Qualunque sia la situazione clinica che si presenta allo Specialista ci sarà sempre il tempo per i genitori di prendere una decisione ponderata e consapevole.
Per i disagi relativi a distacchi di attacchi o ad archi ortodontici che vanno a ledere le mucose è importante indirizzare il paziente allo Specialista o ad un odontoiatria e, nei casi in cui non si hanno punti di riferimento, sul territorio al Servizio Pubblico.

L’agenesia

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È un’anomalia di numero che comporta l’assenza congenita di uno o più elementi dentali.

Per individuare una agenesia bisogna effettuare una radiografia panoramica e procedere alla conta dei germi dentari.
Una agenesia può essere causata da traumi, da processi infettivi, da carenze nutrizionali, da patologie endocrine, può essere associata alla Sindrome di Down ed altre patologie dello sviluppo su base genetica.
Le agenesie singole sono più frequenti nell’incisivo laterale superiore, nel terzo molare inferiore, o nei secondi premolari superiori. Individuata precocemente l’agenesia è possibile preservare lo stato di salute del dente deciduo e gestire gli spazi in funzione di un equilibrio armonico tra i denti.

La carie dei denti da latte o decidui

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La carie è una malattia infettiva multifattoriale degenerativa che colpisce i tessuti duri del dente estendendosi in profondità e provocando una progressiva demineralizzazione e proteolisi.


Tre sono i fattori principali che possono concorrere allo sviluppo della carie: presenza di streptococco mutans, di lattobacilli e actinomiceti, l’anatomia dei denti o la loro parziale eruzione o l’affollamento che rendono più difficile la pulizia, il flusso salivare, il tipo di saliva  oltre all’igiene orale e l’alimentazione.

 

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Quando il Ph della saliva scende sotto il valore di 5,2 la saliva si impoverisce di calcio e fosfati e questo ambiente favorisce lo sviluppo dei processi cariosi. Più scende il Ph è più i batteri riescono a proliferare.
L’assunzione di farmaci o altre patologie possono favorire un ambiente acido e agevolare lo sviluppo dei processi cariosi. La collaborazione tra Pediatra e Ortodontista in questi casi è fondamentale perché la tempestività con la quale si portano all’osservazione certe situazioni cliniche (sindromi metaboliche ad esempio) permette di effettuare una adeguata profilassi.
Solitamente la carie non dà immediata sintomatologia dolorosa. Si può avvertire un fastidio o dolore agli stress termici ma quando il dente inizia a dolere significa che il processo carioso è già in fase avanzata ed è riuscito a raggiungere le strutture organiche del dente.
L’alimentazione riveste un ruolo importante: educare i bambini ad un ridotto consumo di zuccheri, evitare l’assunzione eccessiva di carboidrati raffinati in favore di frutta e verdura e contestualmente insegnare e stimolare una corretta e frequente igiene orale.

Le estrazioni precoci

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Alcuni genitori pensano che sia improprio sottoporre i propri figli a cure odontoiatriche in caso di dentizione decidua, in quanto investimento inutile dato che a breve i denti decidui lasciano il posto alla dentizione permanente.
Lo Specialista in Ortodonzia evita di sottoporre il bambino a trattamenti superflui perché effettua il bilancio costi-benefici ai fini del benessere per il piccolo paziente. In alcuni casi può essere opportuno intervenire con otturazione a salvaguardia dell’elemento dentale perché la sua presenza preserva spazi ed equilibrio, in alcuni casi si può evitare l’intervento a causa della mobilità dentale che lascia presumere la perdita a breve ed in altri casi ancora può rendersi necessaria un’estrazione dell’elemento deciduo cariato, sempre sulla base di un attento bilancio costi-benefici fatto da età, funzione, occlusione, ecc

Le fratture e i traumi

 

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I traumi possono essere diretti (quando la causa agisce direttamente sulle strutture che subiranno la lesione) oppure indiretti (quando la causa colpisce violentemente l’arcata mandibolare o mascellare e di conseguenza si verifica la lesione scheletrica o dei denti, o quando un oggetto improprio in bocca a seguito di una caduta può determinare la rottura dell’elemento dentale).
La direzione, la forma dell’oggetto oltre alla velocità di impatto determinano la gravità del traumatismo dentale. I picchi di maggiore frequenza sono tra 1 e 3 anni per la dentizione decidua e tra 8 e 11 anni per la dentatura permanente.
Spesso i traumi comportano lussazioni e/o sublussazioni. Sia per la dentizione decidua che per quella permanente i centrali superiori sono i denti maggiormente coinvolti nel trauma e circa il 10% dei traumi sono imputabili alla pratica sportiva.
La classificazione dei traumi dentali va da lussazione traumatica parziale o totale del dente a parodontite traumatica dei tessuti molli fino alla frattura dentaria.
La lussazione comporta: dolore spontaneo o alla palpazione, tumefazione delle parti molli, mobilità di grado variabile, impotenza funzionale. Nei piccoli pazienti può esserci anche uno spostamento vestibolare o linguale o mesiale o distale con intrusione dell’elemento in caso di sublussazione.
Un dente staccato è un caso urgente. La parola chiave qui è rapidità, ed è indicato anche evitare il panico. Se potete essere dal dentista entro un’ora e il dente “vive” ancora c’è un 90% di possibilità che, se il dentista entro due ore riesce ad impiantare di nuovo il dente, esso sia salvo.

Non conservate il dente in un ambiente secco, come un fazzoletto o un barattolo chiuso. L’ideale è mettere il dente staccato in soluzione fisiologica o nel latte.

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Non toccate la radice, prendetelo dalla corona. Potete pulire la bocca, eventualmente applicare un impacco, ma assolutamente non inserire un batuffolo d’ovatta nella cavità. In caso di frattura della corona avete 36 ore di tempo. Ma la cosa migliore è, anche in questo caso, prendere contatto il più rapidamente possibile con il dentista. È meglio non lasciar riposare un dente spezzato…

 

 

 

Le fratture possono essere coronali (orizzontali o oblique) e radicolari (apicali medie o cervicali) e possono portare a necrosi pulpare.
Nelle fratture coronali, conservando il frammento dentale in ambiente umido è possibile che si riutilizzi con tecnica adesiva.

 

Da "Schede ortodontiche" realizzate da ASIO per i Pediatri.

sabato 5 ottobre 2013

OMS : Nessuna correlazione tra vaccini ed autismo. Una credenza da sfatare.


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Settembre 2013
L’Oms ha appena pubblicato sul suo sito internet, che senza ombra di dubbio che non vi è nessuna evidenza o prova scientifica sulla relazione vaccini ed autismo ; anzi, tutti gli studi condotti finora escludono questo legame.
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Questions and answers about autism spectrum disorders (ASD)
Viene pubblicato sul sito:
 " I dati epidemiologici disponibili non mostrano nessuna evidenza di correlazione tra il vaccino trivalente per morbillo, parotite e rosolia (MPR) e l’autismo. Non ci sono nemmeno prove che suggeriscono che qualsiasi altro vaccino infantile può aumentare il rischio di disturbi dello spettro autistico. Inoltre, recenti prove commissionate dalla OMS hanno escluso ogni associazione con gli adiuvanti al mercurio (thiomersal) usati in alcune formulazioni".

Ancora poco si sa delle cause dell’autismo. "Le evidenze scientifiche - sottolinea il documento - suggeriscono che vari fattori, sia genetici che ambientali, possono influire sull’insorgere dei disordini dello spettro autistico influenzando lo sviluppo iniziale del cervello".
La scheda pubblicata riassume le ultime scoperte: la prevalenza di 62/10.000 e cioè di un caso ogni 160 bambini, e che nella metà dei casi la patologia provoca problemi cognitivi.
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Una prima diagnosi dell’autismo difficilmente può essere fatta nei primi 12 mesi di vita del bimbo, ma è di solito possibile dall’età di due anni. Tratti caratteristici dell’ insorgenza - viene spiegato nel sito - includono un ritardo nello sviluppo o la regressione temporanea in competenze linguistiche e sociali e ripetitivi modelli stereotipati di comportamento; sarebbe comunque più corretto parlare di ‘disordini dello spettro autistico’ per sottolineare che si tratta in realtà di una serie di malattie diverse.
L’ Organizzazione Mondiale della Sanità finalmente prende posizione in aperto contrasto con i molti gruppi di opinione non scientifici, ed in questo blog si coglie l’occasione per ribadire l’importanza della vaccinazione come valida prevenzione a molte malattie.
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